LinkedIn è utilissimo per trovare lavoro e clienti. Però che noia LinkedIn.
LinkedIn è utilissimo, ma si può dire che è anche noioso, autoreferenziale narcisistico ed elitario?
Nato come social che dovrebbe mettere in contatto le persone con interessi professionali attinenti, Linkedin si è trasformato nel tempo in qualcosa di diverso: un processo collettivo di branding personale, una galleria di riconoscimenti e successi veri o supposti.
E’ un dato di fatto che i social ci hanno fornito la possibilità di costruire e modellare il nostro profilo pubblico, di influenzare la percezione del prossimo e quindi il suo giudizio. Su LinkedIn la cosa è un po’ scivolata di mano i post sono ormai degli spot, è tutto un “io qui, io lì, io sono, io faccio, io performo, io ho raggiunto, come siamo bravi, come siamo performanti” e a seguire i complimenti di chi tenta di ingraziarsi i favori dell’autore del post.
Questo è diventato Linkedin, se non esci dal guscio della autoreferenzialità piaciona e della sindrome della ruota del pavone.
L’uso più corretto di Linkedin credo che al momento possa essere quello delle aziende che fanno lead generation. Un uso professionale, appunto, con una pagina ben curata, ricca di contenuti che portano alla conversione.
E gli altri social? Su Instagram invece troviamo la vetrina delle vanità, ora siamo tutti assuefatti, ma inizialmente qualcuno ha inizialmente sorriso nel vedere post in fotocopia con effetti, filtri, foto iper staged, narrazione ipertrofica, conditi da frasi fatte e caption senza senso e fuori luogo, copiate pappagallescamente da qualche sito di citazioni e aforismi.
Poi non ci si fa più caso, Instagram è il social delle foto e non del testo e quindi pare normale che foto molto esplicite di schiere di ragazze che offrono ampie porzioni di glutei e seni citino a caso poeti e scrittori. Dicono ci sia anche qualcuno che legga queste citazioni a caso perchè non se ne capisce il nesso e talvolta le citazioni sono pure inventate.
Una delle altre tendenze è quella delle citazioni in spagnolo, quasi sempre tese verso amori eterni, desideri non corrisposti, o sogni che diventano realtà nonostante le avversità; non è dato capirne perché, né chi controlli la correttezza grammaticale di queste caption.
Facebook , dopo la grande abbuffata, oramai serve solo come pulpito tribunizio, per agglomerare proseliti o per avere il profilo e lo strumento di Creator e il Business Manager per impostare le campagne. Forse sono un po’ drastico, ma davvero sembra uno sfogatoio.
Su Facebook, padre e madre di tutti i social per come li conosciamo oggi, c’è chi nel tempo ha fatto scempio della propria immagine, postando negli anni sciocchezze immonde, credendo che tanto le avrebbero viste solo gli amici. Poi si sono accorti che le vedevano i clienti e i datori di lavoro. Pufff.
Di Tik Tok non mi permetto di dire nulla. Basta aprirlo e chiuderlo. Se non ne fai un uso professionale è la classica ruota per criceti. Sto iniziando a credere che sia il male.
Poi torniamo a LinkedIn.
Linkedin è per i professionisti, bellezza. LinkedIn è utilissimo per trovare lavoro e clienti, ma che noia.
E’ probabilmente, per sua natura intrinseca, il social più incline alla distorsione, se non alla bugia, ti ci costringe.
Nato per mettere in collegamento professionisti, è probabilmente diventato la fiera delle vanità professionali e delle “piccole” bugie.
Si mente sulle collaborazioni, sulle capacità (avrei dovuto dire skill, ma anche basta con gli inglesismi gratuiti), sulle esperienze e su quanto si sia indispensabili.
Su LinkedIn tutti sono ultra-performanti, sempre-sorridenti.
Su LinkedIn nessuno parla mai male di nessuno, è una regola base del marketing, ohibò.
Su LinkedIn ci si vanta dei risultati ottenuti: in termini di fatturato, clienti, acquisizioni, cursus honorum.
Su Linkedin non c’è spazio per il dubbio, si è assertivi.
Su LinkedIn si lavora e basta, si performa, si fattura, si raggiunge un risultato SEMPRE, anzi no si ottiene un achievment, poi si danno i my two cents non richiesti, si cerca engagement, si briffa, si è sempre sul pezzo.
Su LinkedIn si hanno le idee wow, che rispettano sempre il timesheet e sono sempre in loop e al top.
Linkedin però è dannatamente autoreferenziale, è un social per chi deve mettersi in mostra, per chi cerca contatti importanti da sfruttare professionalmente. Dove altro potresti metterti in contatto con dirigenti, i direttori, i CEO?
C’è un però.
Non si dice, ma si sa, che su Linkedin vige la regola della reciprocità classista. I pari livello danno contatto e ascolto solo ai pari livello e abbassarsi a livelli più comuni non è segno distintivo…
per contro, se solo hai una posizione di rilievo in un qualche campo professionale, sei tempestato da richieste di contatto, se ti concedi vieni subito subissato di messaggi con proposte, progetti, inviti.
A me queste dinamiche hanno un po’ stancato, ma dirlo pubblicamente pare brutto. Ma come, ti occupi di comunicazione, come puoi avere questa visione negativa del social per professionisti?
“Se non ti interessa, gira alla larga” è il primo pensiero che ti sta nascendo prepotente mentre leggi, lo sento.
Hai ragione tu. Linkedin è utilissimo per trovare lavoro e clienti, ma che noia.