“Il Subbuteo è sofferenza”!

Questa frase mi rimbomba in testa da anni, ogni volta che gioco.

Me la ricordo bene, me la disse il Maestro Mauro Petrini, un ragazzone della Maremma verace che nel circuito dei calcio-tavolisti/subbuteisti nazionali è un personaggio imprescindibile.

Per me e molti altri, uno dei più raffinati esperti di tattica e strategia applicata alla nobile arte del tocco di dito sul panno verde, il calcio-tavolo/subbuteo. E appunto viene definito “il Maestro“.

“Maestro”, attenzione, non tanto perchè sia il più forte in circolazione, ma per le sue raffinate analisi tattiche e la disciplina che caratterizza ogni suo gesto tecnico. Mauro ti spiega ogni fase dell’incontro, ti dice come gioca quel tal avversario, ti mette di fronte ai tuoi limiti e ti apre le porte delle tue capacità che tieni nascoste. Un allenatore nato.

Che il calciotavolo/Subbuteo sia sofferenza me lo ripete sempre anche Enrico Giannarelli, discepolo del Maestro Petrini e per me fondamentale mentore e sparring partner della mia crescita agonistica. Me lo ha ripetuto per anni, durante duri allenamenti durati ore a giocare senza sosta, e qualche risultato lo ho ottenuto.

Quindi bisogna crederci.

A proposito, per chi non fosse pratico di questo gioco/sport, che mescola con infinite varianti sapienza e delicatezza nel tocco, pulizia di gioco, tattica, strategia, la balistica del biliardo, gli scacchi e la massima concentrazione, va spiegata subito la differenza tra le due denominazioni, Subbuteo e Calcio Tavolo: vedi box a fianco!

Da ragazzini il Subbuteo è stato semplicemente un gioco affascinante e sempre diverso, voglia di passare un pomeriggio a giocare. Per alcuni si è poi tramutato in qualcosa d’altro. Perchè il Subbuteo non ti lascia, resta dentro di te, scava gallerie, si innerva e quando meno te l’aspetti sbuca fuori. Crea dipendenza.

I miei inizi sul panno verde sono legati ai primi anni ’80, grazie al mio amico Cristiano e vicino di casa, ma soprattutto felice possessore di un fantastico panno da subbuteo nuovo di zecca.

Il tapino, non sapendo con chi altri giocare, a 15 anni mi introdusse forzatamente a quello che per me nel prosieguo, sarebbe stato molto più di un gioco. Sarebbe stato IL gioco.

La vita però ti prende a schiaffi, ti sballotta, ti offre mille tentazioni e alternative.

E così dopo i primi ardori e qualche torneo dove faccio la parte del materasso contro giocatori molto più scaltri e preparati, il subbuteo passa giocoforza in secondo piano: prima il gentil sesso – eh – poi lo stadio, gli amici, poi il rock and roll, le band, i tour, la radio e la Tv a livello professionale, poi la famiglia.

Ma tu sei sempre tu. Sei sempre quello che al gol di rapina urlava scomposto di gioia e soddisfazione.

Finchè un bel giorno scopri, visitando una fiera del settore, che il Subbuteo esiste ancora, e non solo mentre lo stai guardando giocato da due inetti pasticcioni a una fiera sotto a un tendone, ma ti scoppia nelle vene!

Il sacro fuoco non si era in realtà mai estinto e appena rivedi quella pallina rotolare sul panno verde sospinta da tocchi carichi di maestrìa e tecnica balistica, ti cresce la voglia.

Da quel momento tutto è stato chiaro. Io ero, io sono, io sarò un subbuteista, uno di quei matti che si allena con altri matti giocando ininterrottamente per 4 ore, solo per testare resistenza e concentrazione.

Uno che si alza la mattina alle 5 e con Enrico e Alessandro, che si sono allenati con te per settimane attorno ad un campo regolamentare; montate in auto per sciropparvi 300 km ed essere in sala del torneo alle 9 in punto per “riscaldare il dito” , testare il panno e poi dare tutto quello che avete in termini di agonismo e concentrazione.

Perchè a questo punto il calciotavolo/subbuteo non è più solo un gioco, è diventato altro: sfida con te stesso, con l’avversario e costante voglia di migliorarsi.

Anche per questo “Il Subbuteo è sofferenza”.
Lo è perchè quando ti dedichi anima e corpo ad una passione, questa da svago diventa interesse, da interesse diventa impegno e poi diventa il tutto.

Il Calcio tavolo/Subbuteo è un po’ come il tennis, come il biliardo, come gli scacchi. Sei tu, da solo e non ti puoi aggrappare a niente altro che alle tue risorse.

Un esercizio totalizzante di concentrazione e nervi tesi.

Vai sotto di un gol e devi recitare mentalmente il mantra che ti sei preparato per la bisogna. Calma, gesso e concentrazione.

Tocchi semplici e lineari. Ricerca della qualità del tocco e non dell’effimero. Trovare la pazienza e la costanza di tenere la palla, non consegnarla all’avversario, perchè il Maestro ti dice che la regola base è che se tu hai la palla, non ce l’ha l’avversario.

Sembra facile, provaci.

E poi la lucidità di essere letale quando hai l’occasione.

Ricordo con un senso di gioia perversa certe partite tirate, vinte con un  solo tiro, un gol. Un tiro, un gol. Un tiro, un gol.

Su trenta minuti di sofferenza metti fuori la testa una sola volta, ma in quella azione scarichi  100 kilotoni di adrenalina.

Il subbuteo è sofferenza.

Ora lo sai.